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26.4.13

ANATOMIA DI UNA FAMIGLIA

ANATOMIA DELLA RAGAZZA ZOO
di Tenera Valse
Il Saggiatore editore

LIBRO

Da una provincia del Sud che esala orrore fino a una Roma fantasmagorica, tra gli anni settanta e ottanta si consuma il dramma di una disintegrazione familiare. Ci sono due sorelle quasi gemelle e un fratello. C’è la madre. C’è il padre. Ci sono le bombe degli anni di piombo, preti e vicine pettegole sullo sfondo. Dietro una facciata di inappuntabile rispettabilità, come un Crono borghese il padre soffoca e tenta di divorare i tre figli con le sue ossessioni, li opprime, ne cerca l’annullamento. Alla crudeltà paterna si ribella la primogenita Alea, l’unica in grado di sfidarlo, somministrando il veleno che scioglierà il mistero all’origine di tanta violenza. Perché alla base di questo romanzo di formazione che si trasmuta in romanzo di deformazione c’è un trauma indicibile; ma cosa ci potrà mai essere di così orrifico nella crescita di una bambina normale in una famiglia normale da farla diventare ragazza zoo? Chi è la ragazza zoo? Alea ha venticinque anni quando scompare una vigilia natalizia: abbandona la famiglia e rinuncia ai crismi della vita borghese. Nessuno la cerca, nessuno denuncia la sua scomparsa: né i genitori, né il fratello che vive a New York, neppure la sorella Càmila, l’unica con la quale mantiene rapporti segreti. Alea si rifugia in un ambiente sotterraneo e cunicolare, il suo atelier, la cava dove realizza opere bizzarre e performance, impiegando in ogni modo il proprio corpo: come una messa in scena dei suoi ricordi d’infanzia, il sadomaso diventa esperienza della relazione amoreodio che ogni individuo instaura con il potere fin dalla nascita. Anonima a chiunque, vaga per la capitale libera da ogni costrizione, intrigata dalla bellezza dei monumenti e dagli uomini. Nessuno la turba come il padre e l’odio che cova contro di lui. Mentre le quinte del proscenio italiano iniziano a creparsi, tutto sembra dare ragione ad Alea, che ha disconosciuto la famiglia. È a questo punto che storia pubblica e privata si toccano, e tra padre e figlia si azionano meccanismi crudeli e si scoprono segreti inconfessabili. Scavando nelle ferite di una generazione con l’acume di una vitalità disperata, Tenera Valse intreccia racconto nero, pseudobiografia e percorso iniziatico, invitando il lettore a proiettare unosguardo impietoso sui fondamenti di un’intera società pronta al collasso. Con la storia di Alea, protagonista memorabile di questa prova narrativa travolgente, Anatomia della ragazza zoo racconta lo scontro di paradigmi storici, di generazioni e di universi culturali e psicologici, opponendo Materno a Paterno, Terra a Cielo, Desiderio a Piacere. Si aggirano qui gli spettri di Pasolini e Burroughs, si danno visioni alla Céline e giri di frase alla DeLillo: attingendo al canone novecentesco, Tenera Valse allestisce magistralmente un affresco storico e, nello stesso tempo, un noir dell’anima. Dove realtà e visione si fondono, lasciando erompere una tensione erotica sempre intensa, che oscilla tra estasi e disperazione, con ritmo stile e strutture che da sempre la grande narrazione pretende.
Tenera Valse ha pubblicato nel 2011 Portami tante rose (Cooper), libro manifesto sulla condizione della cultura e della donna in Italia, in cui narra la trasformazione di un’insegnante in prostituta. Caso mediatico piuttosto clamoroso, è un’artista colta, scandalosa, intervistata dalle più grandi testate italiane e straniere.


RECENSIONE
 
Quando un libro penetra nella carne e nelle ossa, nella mente e nel cuore, me ne accorgo perchè lo porto sempre con me, anche se non avrò tempo per leggere; me lo porto dietro come un talismano che aiuta ad affrontare la giornata.
Questo libro è così: potente, raffinato, di grande spessore culturale e perciò ricco di verità su cui riflettere. Una penetrante disamina dell'anatomia di una ragazza che cresce osservando le dinamiche della famiglia come un'entomologa.
Senza pudore alcuno, ma anzi, con tutta la feroce franchezza di una figlia ribelle all'inferno della sua casa, alla violenza del padre, la protagonista fugge da quel mondo apparentemente perbene e ripercorre le tappe della sua presa di coscienza delle dinamiche terribili che fondano i rapporti di forza all'interno del nucleo. Come lei fa il fratello, e per delle buonissime ragioni, come si scoprirà. Soltanto la sorella sceglie di costruirsi una vita “normale” e fare da sponda ai due genitori rimasti soli. La madre è l'anello debole più evidente, poiché ha cancellato se stessa all'ombra del “Dott. Prof. Preside” che ha sposato.
Pagine indimenticabili ci raccontano le strategie di questi figli, descrivono i genitori con una ricchezza di dettagli maniacale e una ricerca di neologismi e  che sbalordisce:
“un ergastolo illuminato dalla morte”, così definisce la vita della madre, che per questo si ammalerà. Su tutto campeggia il del padre padrone, figura che torna ossessivamente, come in una spirale che rivelerà risvolti sempre più inquietanti.
La famiglia che produce una ragazza zoo è “una pantomima, di cinque persone che si distruggono a vicenda con l'unico obiettivo di stare al mondo”. Il suo grido è quello del “maiale che piange prima di essere scannato” (v. anche il racconto di Vitaliano Trevisan, Testa di madre su cuscino). La vittima è sempre la donna perché “nei secoli la donna ha messo un filtro alla sua aggressività fino a camuffare il suo odio in compassione” (pp.338). Famiglia ammaestratrice di cagnolini di società.
Questo grido di dolore così colto e profondo, così ben scritto, si fa distinguere come uno dei libri migliori del panorama italiano di questi ultimi anni.
Paola C. 

8.4.13

Oh... che storia!

Oh...
di Philippe Djian
Voland Edizioni
traduzione di Daniele Petruccoli 


LIBRO

Un titolo enigmatico che ha il sapore di un’amara liberazione, o magari forse di una resa. Michele è una produttrice cinematografica di successo con un figlio, un matrimonio fallito alle spalle, una madre tutta rifatta e un padre che marcisce in galera. Una sera viene violentata da uno sconosciuto in passamontagna mentre rientra a casa e inizia così la sua lenta e inesorabile discesa agli inferi. Uno straordinario ritratto di donna, un romanzo politicamente scorretto, il racconto di una società che non merita salvezza.




RECENSIONE
 
Ha per titolo un monosillabo, un’esclamazione con puntini di sospensione. La stranezza dell’opera traspare già dal titolo, che sembra quasi sottolineare la sorpresa che suscita, accompagnata dalle perplessità che inevitabilmente ti lascia un’opera con queste caratteristiche.
Definirlo politicamente scorretto non rende l’idea.
Racconta, senza suddivisone in capitoli e in un’ininterrotta narrazione in prima persona, alcune settimane della vita della protagonista, una donna che ha trovato il successo professionale, ma attorno alla quale ruotano elementi di notevole criticità. Un ex marito che non si rassegna al proprio fallimento professionale, un figlio alla ricerca di una posizione in questo mondo, un amante che non accetta la conclusione del loro rapporto, un padre in carcere per aberranti reati, una madre anziana interamente ridisegnata dalla chirurgia plastica. Nel corso della narrazione si aggiungono sempre più inquietanti elementi di disturbo, in un susseguirsi di incredibili eventi che fanno crescere la tensione narrativa fino all’inverosimile eppure catartico finale.
L’opera inizia con la violenza sessuale subita da Michèle da parte di uno sconosciuto e subito ci si  chiede come farà l’autore a sostenere il racconto dopo un inizio di questo tipo. La risposta è che lo farà egregiamente, facendo calare la donna in un vortice di eventi sempre più estremi.
È un’opera volutamente provocatoria, in cui il contenuto perde di significato rispetto alla perfetta esibizione stilistica. L’abilità dell’autore e la potenza della scrittura rendono credibile una trama altrimenti inverosimile e irrilevante rispetto all’aspetto estetico.
Il contenuto, trattato come materiale indifferenziato, fa da contrasto alla forma. La scrittura brillante e scorrevole rende sopportabili descrizioni di fatti che altrimenti sarebbero unicamente oggetto di scandalo. La qualità della prosa dipinge in modo meno triste situazioni di assoluto nichilismo, rendendo quasi simpatici personaggi altrimenti insopportabili per il degrado in cui si lasciano trasportare.
Il finale è del tutto inaspettato rispetto alle premesse, di quelli che non si dimenticano.
Gioia M.